il grande insegnamento della Ryder Cup 2021

Ciao Golfista Vincente,

Si è da poco conclusa la 43-esima edizione dell’evento golfistico più importante ed emozionante al mondo: la Ryder Cup.

Il Team USA ha conquistato la vittoria e ha riportato il trofeo in America.

La vittoria è stata schiacciante – 19 a 9 – e mai in discussione.

Personalmente ho apprezzato tantissimo il percorso di Wistling Straits, un links in riva al lago Michigan attraversato da forti raffiche di vento variabili durante il giorno, a sbalzi di temperatura importante tra mattina e pomeriggio e infarcito di circa 1000 bunker!

Insomma, l’unica possibilità per fare score era rimanere in fairway e centrare subito i green.

A livello di punteggio non c’è mai stata storia: 6 a 2 per il Team USA dopo il primo giorno, 11 a 5 sempre per gli americani alla fine del secondo giorno, 19 a 9 il risultato finale.

A prima vista potrebbe sembrare una Ryder Cup noiosa, a senso unico, una storia già scritta. Niente di tutto questo.

Ho avuto la possibilità di seguirla in diretta su Golf Tv per tutte e tre le giornate e la mia percezione è stata di una sfida sempre aperta, perfino al terzo giorno dove ci sarebbe voluto un miracolo ancora più grande di quello di Medinah del 2012.

Il miracolo non c’è stato, ma non per questo è stata meno emozionante. Per quale ragione? Che cosa ha permesso a questa Ryder Cup di mantenere il suo fascino e il suo coinvolgimento fino alla fine?

Mi sono fatto queste domande più volte mentre la guardavo e non sapevo rispondermi, tuttavia continuavo a guardarla nella speranza – che forse era quasi una certezza per me in quel momento -che sarebbe cambiato qualcosa, che si sarebbe riaperto il match.

Poi è arrivata la vittoria del Team USA, le prime interviste, le prime dichiarazioni e ho iniziato gradualmente a capire cos’era quella sensazione che sentivo e sono certo l’hanno provata tutti quelli che hanno guardata la gara in diretta.

Cos’era quella sensazione?

Per rispondere alla domanda inizio dalle parole di Rory Mcilroy rilasciate alla fine del suo singolo:

“Sono incredibilmente orgoglioso di far parte di questa squadra, di essere un compagno di squadra di tutti questi ragazzi, il Capitano, i Vice Capitani. Siamo stati benissimo. Più gioco in questo evento, mi rendo conto che è il miglior evento di golf, nessuno escluso. Amo farne parte. Non vedo l’ora di far parte di molti altri. È il migliore. Non credo ci sia privilegio più grande (che) di far parte di una di queste squadre, europee o americane. È un privilegio assoluto. Ho avuto modo di farlo sei volte. Sono sempre state le mie più grandi esperienze della mia carriera. Non ho mai veramente pianto o emozionato per quello che ho fatto come giocatore singolo. Ma questa squadra e come ci si sente a farne parte… Ero commosso perché è un evento molto carico e fa schifo perdere, davvero. Fa schifo e, sai, ascoltando ‘We are the Champions’ là fuori e quei ragazzi che festeggiano, se avremo un’opportunità a Roma, spero di essere in quella squadra e renderà ancora più dolce riavere quella Coppa”.

Emerge chiaramente quanto Rory sentisse affinità, vicinanza, rispetto, fiducia verso la sua Squadra. Si percepisce proprio un legame fortissimo, viscerale a tal punto che dichiara che non ha mai veramente pianto o si è emozionato per quello che ha fatto come singolo giocatore!

È un’affermazione fortissima. Tutti sappiamo quanto ha vinto Rory nella su carriera fin da giovane, ma non si è mai emozionato tanto come in Ryder Cup…

Leggendo queste parole iniziavo a comprendere quella sensazione che provavo.

Poi ho letto la dichiarazione di Shane Lowry:

Ho passato anni a cercare di far parte di una squadra per la Ryder Cup e sono arrivato qui questa settimana e non sapevo cosa aspettarmi. Probabilmente ho fatto qualcosa che avrei potuto solo sognare. Ho vinto l’Open con sei colpi nel mio paese e questa settimana è di gran lunga la migliore della mia carriera golfistica. Poter condividere la stanza della squadra con questi ragazzi, poter giocare per Paddy, è stato davvero speciale. Ieri sera ho detto ai ragazzi, mi sto divertendo un mondo e siamo indietro di sei punti. Come sarà quando saremo alla guida? Non importa per quanto tempo giocherò, per il resto della mia carriera vorrò far parte di questa squadra. Crei solo un legame speciale con le persone. C’è solo qualcosa lì che avremo sempre. Ieri ho avuto un grande momento al 18esimo green e ho cercato di fare la mia parte per la squadra. Ovviamente siamo arrivati molto in fretta, ma è stata un’esperienza incredibile e qualcosa che ricorderò per il resto della mia vita.”

La frase che mi ha colpito più di tutte è stata: “Ho vinto l’Open con sei colpi nel mio paese e questa settimana è di gran lunga la migliore della mia carriera golfistica”.

Neanche la vittoria in un Major nel suo paese gli regalato un’esperienza così bella e coinvolgente come la settimana della Ryder Cup terminata con una sconfitta del suo Team, una sconfitta nel suo singolo con Cantlay e una vittoria nel Four Balls con Hatton imbucando un lungo putt alla 18, che è risultato determinante.

Insomma, sembra venire sfatato il mito classico della vittoria, nel senso che l’unica cosa che conta è la vittoria, non importa come, conta solo vincere!

In questa Ryder Cup il Team Europa perde di brutto e allo stesso tempo è felice, dichiara che è la settimana più emozionante della loro vita, che non vedono l’ora di giocarne un’altra, che è un onore esserci stati, che crei dei legami speciali con le persone, che non c’è vittoria come giocatore singolo – neppure un Major – che regga il paragone con questa sconfitta.

Iniziavo a collegare i puntini: la sensazione che provavo derivava proprio da questa energia che tutti i componenti del Team Europa avevano addosso e trasmettevano tramite la televisione.

La sensazione che tutti – nessuno escluso – stavano provando delle emozioni incredibili, che si stavano divertendo immensamente, che avevano grande capacità di concentrazione e fiducia nei propri compagni, tutto questo mi portava la sensazione che la sfida fosse sempre aperta anche a dispetto del punteggio impietoso!

Proprio così: continuavo a guardare appassionatamente la gara perché dentro di me sentivo chiaramente che in ogni momento le sorti del match potevano svoltare. E questa sensazione mi veniva dal Team Europa.

Ma da dove arrivava questa energia o questo stato dell’essere, per usare un termine peculiare del mio Metodo Golfista Vincente?

Che cosa stava accendendo e alimentando quello stato d’animo in ogni componente del Team Europa che sarà stato composto da almeno una trentina di persone?

Questo è il tema centrale, il cuore della questione che mi ha portato al grande insegnamento di questa Ryder Cup.

La risposta la puoi trovare nelle parole di Rory e di Shane e puoi ritrovarla anche in quelle di tutti gli altri componenti: lo spirito di appartenenza alla Squadra dell’Europa, l’immenso onore che deriva dal far parte della Squadra Europa.

Quando percepisci che fai parte di qualcosa di più grande di te allora attingi a una fonte di energia molto potente che ti ricarica e soprattutto continua a fornirti energia quando sei in difficoltà mantenendoti carico.

Tornando al mio Metodo, ciò che stava accadendo nella testa di ogni singolo componente del Team Europa era che la loro mente era piena di dati di assoluta qualità – far parte di una squadra – e la prospettiva dalla quale elaboravano questi dati era altrettanto di qualità – servire la Squadra e la Nazione, l’Europa in questo caso, essere di esempio per la Squadra e la Nazione.

Nel mondo del Golf ho potuto osservare che questa dinamica dello spirito di Squadra è piuttosto sconosciuta e a volte anche avversata. Abitualmente, proprio per come sono concepite le gare strokes play, prevale l’aspetto individualistico.

Esistono certamente i Campionati Match Play per le varie categorie, ma raramente in questi eventi c’è l’energia della Ryder per svariate ragioni che non è mia intenzione trattare qui.

Nei percorsi con i miei golfisti introduco sempre l’aspetto di squadra o aspetto sistemico come lo definisco io, ovvero domandarsi e scegliere di allargare la propria squadra, l’insieme delle persone per le quali si gioca e non con le quali si gioca.

Ho potuto sperimentare con i golfisti coi quali ho collaborato e sto collaborando come questo semplice aspetto porta benefici immediati e inimmaginabili allo score e di riflesso alla vita del golfista e del suo team ovviamente.

Complimenti vivissimi al Team USA per la prestazione superlativa e grazie di cuore al Team Europa per la lezione di vita!

Se vuoi approfondire il mio Metodo Golfista Vincente non ti resta che scoprire il mio libro a questo link.

Swing your mind!

Il tuo golf mental coach

Andrea Falleri

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